Inquadramento Nosografico e Diagnostico della Eteroplasia Ossea Progressiva
L’Eteroplasia Ossea Progressiva (POH) è una rarissima malattia a trasmissione autosomica dominante che interessa la differenziazione delle cellule mesenchimali durante lo sviluppo.
È caratterizzata da ossificazione eterotopica della cute e dei tessuti mesenchimali profondi con una tipica progressione dell’ossificazione dal derma medio agli strati più profondi. Colpisce quindi successivamente e progressivamente derma profondo, sottocute, fasce muscolari, muscoli, tendini e legamenti, risultando infine una malattia notevolmente invalidante.
Già presente e/o evidente alla nascita o nei successivi primissimi mesi di vita, si manifesta con la comparsa di un rash cutaneo rappresentato da lesioni nodulari compatte, dure, di consistenza lapidea, a grani di riso, talvolta aghiformi, puntute, isolate o raggruppate, che alla palpazione appaiono di consistenza ghiaiosa, proprio come se stessimo palpando, manipolando un sacchetto pieno di ghiaia, di pietruzze irregolari, dapprima mobili sui piani profondi, poi, nel tempo, sempre meno, venendosi a costituire una specie di gabbia rigida che tiene unite queste lesioni ai piani profondi. Solo alcune di queste lesioni sono rilevate sul piano cutaneo, spesso è proprio solo la palpazione che ne evidenzia la presenza o addirittura solo l’indagine radiologica.
La distribuzione è asimmetrica e casuale, a mosaico, specialmente agli arti, ma praticamente qualsiasi distretto del corpo può essere interessato. Sono stati descritti anche casi di coinvolgimento emimielico (Schmidt 1994).
Dapprima il colorito della cute che le ricopre è regolare, successivamente le lesioni più superficiali diventano più giallastre e nel prosieguo sono sede di flogosi progressiva che porta all’estrusione parziale o totale di materiale chalk-like, amorfo dal punto di vista microscopico, e lentamente nel tempo scompaiono lasciando cicatrici rugose, atrofiche, variamente visibili. Questi eventi possono far pensare ad una involuzione della patologia ed hanno indotto nel passato ad un errore di valutazione molti autori, dando spesso speranze illusorie ai malati e alle loro famiglie.
In realtà i noduli profondi hanno, purtroppo, un’altra evoluzione, essi infatti si spingono sempre più profondamente coinvolgendo il sottocute, fasce, muscoli, tendini e legamenti.
Nell’approfondirsi le ossificazioni seguono per lo più i fasci neuro – vascolo – connettivali nel loro decorso, comportandosi come le radici di una pianta, i tralci di una vite, assumendo per questo l’aspetto a “maglie di una rete” e nello stesso tempo fornendo alle strutture neuro – vascolari e a tendini e legamenti una specie di esoscheletro, di bozzolo (cocoon), in genere senza invaderli, ma talora portando allo sfilacciamento progressivo di questi ultimi, fino anche ad invaderli e interromperli. È proprio questo modo di invadere i tessuti circostanti che crea i problemi terapeutici maggiori, in quanto queste neoformazioni ossee non sono praticamente quasi mai enucleabili e ciò porta alla vacuità dei tentativi di exeresi chirurgica che sono seguiti inevitabilmente da recidive, spesso con lesioni più invasive e progressive.
Le ramificazioni ossee vicine alle articolazioni formano dei ponti sempre più consistenti e rigidi che portano dapprima a limitazioni funzionali delle stesse, successivamente ad anchilosi e blocchi articolari tali che talvolta impediscono il normale accrescimento dell’arto interessato (focal growth retardation), con incurvamento delle ossa lunghe, dolore difficilmente dominabile e in definitiva con lesioni invalidanti anche molto gravi che hanno portato talora ad amputazione dell’arto interessato, non senza problemi chirurgici, specialmente nel senso di emorragie difficilmente controllabili per le difficoltà presenti in certe regioni per effettuare l’emostasi. Un paziente, infatti, è andato incontro a emorragia profusa durante un tentativo infruttuoso di rimuovere ossificazioni ectopiche ricorrenti e successivamente è morto per complicazioni insorte per l’intervento.
Caratteristicamente questa patologia non è associata a squilibri ormonali e/o malformazioni primitive dell’apparato muscolo scheletrico, gli organi interni non sono interessati dall’ossificazione. Le malformazioni muscolo – scheletriche sono sempre secondarie alla presenza e alla progressione delle ossificazioni e possono essere le più varie a secondo delle regioni interessate dall’ossificazione e dalla sua espressività loco – regionale: scoliosi, alluce valgo, incurvamento delle ossa lunghe, etc..
Gli esami di laboratorio sono sempre normali, si può eventualmente evidenziare, in alcune fasi della malattia, un aumento dell’attività della fosfatasi alcalina1.
Il decorso è variabile ed è caratterizzato da fasi alterne, lente e rapide, di produzione di osso ectopico, talora legate agli stadi di crescita del bambino – ragazzo, altre volte senza ragioni apparenti. Comunque non ci sono fasi di riacutizzazione improvvisa o di rapida diffusione a tipo “flare–up” delle ossificazioni, come avviene nella Fibrodisplasia Ossificante Progressiva, patologia che entra nella diagnostica differenziale.
Il dolore è spesso presente in questi pazienti, a volte in maniera assai grave e intrattabile, talora conseguente alla pressione esercitata dalle neoformazioni ossee sui tessuti circostanti, e soprattutto sui fasci neuro – vascolo – connettivali.
Un altra importante causa di dolore è la presenza di un grave impedimento all’accrescimento degli arti, con massive ossificazioni degli stessi che portano all’incurvamento delle ossa lunghe e dolore localizzato agli arti, ma per le ripercussioni statico-morfologiche e dinamiche che si hanno a livello del rachide, sono presenti dolori anche in questa sede.
E, comunque, praticamente tutte le alterazioni muscolo scheletriche, secondarie alla presenza delle ossificazioni, portano gioco forza alla presenza del dolore, variabile in rapporto alla entità della causa locale che lo provoca, portando addirittura in qualche caso all’amputazione di un arto.